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𝐞𝐱𝐭𝐫𝐚 W.G. Sebald e il "Millennium Bug"

𝐞𝐱𝐭𝐫𝐚  W.G. Sebald e il "Millennium Bug"
L'autore (W.G. Sebald), zaino in spalla.
Gli anelli di Saturno consistono in cristalli di ghiaccio e particelle di pulviscolo di presumibile origine meteorica che ruotano in orbite circolari intorno al pianeta, all’altezza dell’equatore. Sono verosimilmente frammenti di un’antica luna che, troppo vicina al pianeta, fu distrutta dalle sue forze di marea (→ limite di Roche).

 Questa voce dell’Enciclopedia Brockhaus è una delle tre epigrafi ne Gli anelli di Saturno: un pellegrinaggio in Inghilterra” di W.G. Sebald, un romanzo che parla di lutto, «fantasmi della ripetizione», falene e bachi da seta, tracciando la mappa per una «storia naturale della distruzione». I frammenti lunari di Saturno testimoniano l’esistenza, un tempo, del suo satellite; le scorie e i detriti, raccolti da Sebald – camminatore di strade asfaltate –, invece, raccontano di un passato schiantatosi contro la superficie della storia:

Un battito di ciglia, mi capita spesso di pensare, e di un’intera epoca non c’è più traccia.

 Non c’è quasi più traccia, però, perché quello di Sebald è un racconto in dieci parti – destinato a restare – su ciò che nonostante tutto è rimasto (gli avanzi d'epoca che gravitano attorno al presente), e anche – e soprattutto? – il racconto di ciò che un tempo è stato futuro, un futuro ormai remoto:

Nel momento in cui sbucai fuori dagli alberi, ciò che vidi mi colpì come un singolare insegnamento largito dalla storia dell’evoluzione, la quale di tanto in tanto ama ricapitolare i suoi stadi antecedenti con una certa autoironia: in mezzo ai campi stava correndo un treno a vapore in miniatura.

 "The long shadow":
 treni a vapori o bachi da seta?

 In questi mesi, mentre pensavamo a come raccontare e a cosa raccontare in EditorIA, i modelli conversazionali di Intelligenza Artificiale (ChatGPT, BingAI, Bard) progredivano a passo spedito tra mille inciampi, in ogni caso lasciandoci indietro e moltiplicando senza sosta i futuri potenziali della letteratura e dell’editoria di cui ci saremmo voluti occupare nel nostro podcast. Gli scorci di futuro, che ci era sembrato di intravedere – ne eravamo certi –, si erano tramutati in treni a vapore in miniatura – ridicoli futuri remoti – e con loro alcune delle nostre riflessioni in merito, divenute obsolete dalla notte alla mattina. Un battito di ciglia, e «la storia naturalmente [aveva] preso tutt’altra piega»; un futuro che, il giorno prima, ci sembrava lontano, si era compiuto ed era passato, archiviato alla voce curiosità nella storia dell’evoluzione artificiale e per questo scartato:

perché ogni volta che ci si immagina il futuro più radioso, la prossima catastrofe è già alle porte.

Ne "Gli Anelli di Saturno", si racconta molto e a lungo di bachi da seta – dalla Cina dell’Imperatrice madre Cixi ai programmi ministeriali di sviluppo della sericoltura nel Terzo Reich –, non c'è invece alcun cenno a un'altra specie di baco, contemporanea a Sebald, ma venuta dal futuro: il  "Millennium Bug", la catastrofe informatica che di lì a quattro anni (al volgere del secolo) prometteva la “fine del mondo” per come lo conosciamo e che, più modestamente, divenne “cyber-profezia obsoleta" per eccellenza.

 Quando nel 2001 Sebald morì in un incidente stradale (altra cyber-metafora superata dai tempi, più o meno), la minaccia del Baco Millenario era stata facilmente sventata e, altrettanto in fretta, dimenticata dai media generalisti che, con tutti i mezzi in loro possesso, ne avevano gonfiato all’estremo il sensazionalismo apocalittico.

 Il clamore mediatico, suscitato oggi da ChatGPT et similia, ricorda molto nei toni (sciatti) i termini allarmistici di allora, e trasuda un'identica (prematura) "nostalgia per l’umano", dettata in larga parte da pigrizia mentale e/o scarsa fantasia, le stesse che mi hanno portato a domandare a ChatGPT: «Cosa pensava Sebald del Millenium Bug?» Una richiesta implausibile, almeno ad oggi (23 marzo 2023). E, difatti, l’output dell’IA è stato all’altezza del mio impegno (scarso).

 Lo riporto di seguito parzialmente:

[...] it is possible that Sebald may have viewed the Millennium Bug as an example of how the past can haunt and disrupt the present. [...] For Sebald, who often wrote about the long shadow that past events can cast over the present, the Millennium Bug may have represented a powerful symbol of how the past can exert unexpected and disruptive effects on the present.
"The Long Shadow"

 "The Long Shadow": l'ombra lunga del passato che dà forma al mondo di oggi. È in questo senso che gli incubi al led del cyberpunk sono il peggior nemico delle IA: le distopie sci-fi sono un filtro di distorsione, si frappongono nel nostro immaginario, ostacolando chi sta tentando di articolare un discorso non apocalittico sull'avvento delle Intelligenze Artificiali e di interpretarne creativamente l'utilizzo e gli ambiti di applicazione. Lo sottolineava Nello Cristianini, informatico e professore di Intelligenza Artificiale all'università di Bath, in un'intervista per Wired:

È questione di comprendere le macchine intelligenti nel contesto del loro business model, della cultura in cui operano, e anche delle caratteristiche degli individui che le usano. Ma questo non sarà possibile se il pubblico, o i colleghi di altre discipline, continueranno a immaginare una versione di AI che esiste solo al cinema [...].

 Ed è quantomeno legittimo sospettare che siano per primi i guru dell'IA a preferire un dibattito su scenari Terminator e catastrofi demoniache, pur di evitare di sbrogliare la matassa di criticità che l'IA produce adesso, nel presente attorno a noi.

 Una buona risposta, allora, quella datami da GPT/Sebald, ma una risposta mancata: perché non ri-orientare la prospettiva e pensare all'ombra lunga del futuro? Non dà anche lei forma al presente? Mark Fisher, parlando di hauntology, scriveva:

possiamo distinguere due direzioni dell'hauntologia. La prima si riferisce a ciò che (nella realtà) non è più, ma che rimane efficace sotto forma di virtualità [...]. Il secondo senso dell'hauntologia si riferisce a ciò che (nella realtà) non è ancora avvenuto, ma è già efficace nella sfera virtuale (un attrattore, un'aspettativa che modella il comportamento attuale).

 Stupidamente, in sostanza, mi ha sorpreso leggere un output di ChatGPT così poco accelerazionista. Ma, in fondo, anche Mark Fisher, che accelerazionista lo era, oltre che teorico dei «futuri perduti», non aveva capito – per sua stessa ammissione – né Sebald né "Gli Anelli di Saturno".

To hunt or to haunt?

 Rileggendo una seconda volta l'output di GPT, però, a colpirmi più di tutto è «haunt [...] the present» ('infestare il presente'). Perché di fantasmi si tratta – come sempre in letteratura –, e sono dunque altre le domande che dobbiamo porci rispetto all'Intelligenza Artificiale: quanto peseranno i suoi fantasmi sulle scelte del mercato editoriale? O come infesteranno le falene dell'IA la casa della letteratura?

 Dopo un iniziale fraintendimento (lo avevo colpevolmente scambiato per un «hunt the present», 'dare la caccia al presente', suggestionato dagli «hunting parties» raccontati da Sebald nella Parte Ottava de "Gli Anelli di Saturno"), ho domandato a ChatGPT: «Sei Sebald. Sei nel '98. Hai già scritto "Gli Anelli di Saturno". Cosa pensi del Millenium Bug?» La risposta, questa volta, è stata poco illuminante.

«Come autore che spesso si interessava alle persone e alle storie personali»

 Mi sono chiesto per un attimo quale autore non si sia interessato almeno una volta alle «persone» e alle «storie personali», ma su questo in un altro post ci torneremo, e ho insistito nel dare del tu a Sebald, pur sapendo che non è ancora chiaro, nell'aprile 2023, quanto tempo serva a me utente per convincere l'IA di essere davvero Sebald. Ho così chiesto a ChatGPT, semplificando: «E se tu avessi interpretato il Millenium Bug come un simbolo, quale significato gli avresti assegnato?»

 L'output mi ha affascinato. Non tanto in sé, per quello che l'IA mi ha risposto, quanto per la modalità della sua risposta, perché è a questo punto che ChatGPT ha iniziato a ragionarci su, impiegando tre minuti di sofferta scrittura prima di crashare nel bel mezzo della risposta («Load failed - There was an error generating a response»), lasciandomi l’amaro in bocca, e la netta sensazione che il meglio stesse per arrivare:

In sintesi, avrei potuto interpretare il Millennium Bug come un simb
ChatGPT o W.G. Sebald

 Il Millenium Bug era un simbolo troncato dalla storia? Uno dei suoi futuri di scarto? Era questo che GPT voleva suggerirmi crashando? Non contento sono passato a porre le stesse pigre domande a BingAI e le risposte del concorrente di casa Microsoft non si sono fatte attendere.

[...] Immaginando di essere lui, forse penserei al Millenium Bug come a una metafora dell’instabilità e della fragilità della civiltà umana, che può essere messa in crisi da un errore di programmazione o da una catastrofe imprevista. Forse lo paragonerei anche alla distruzione causata dalle bombe sulla Germania nazista, di cui Sebald scrisse in uno dei suoi saggi

 Una risposta un po’ svogliata, in cui l'impersonificazione è ancora incompleta: BingAI "immagina di", ma non è Sebald o non si sente del tutto Sebald. Gli ho chiesto, allora, di non limitarsi ai forse, ai se e ai ma, e di ampliare queste sfuggenti riflessioni "quasi sebaldiane" sul Millennium Bug.

Ecco una possibile ampliamento della riflessione sul Millenium Bug: [...] Potrei paragonarlo alla distruzione causata dalle bombe sulla Germania nazista, di cui scrissi in uno dei miei saggi

 Così, per qualche oscura ragione, l'impersonificazione ha avuto luogo, e con lei i primi errori grammaticali, ma finalmente l'IA (Bing) era Sebald:

Potrei chiedermi cosa significa vivere nel tempo della fine del millennio, quando sembra che tutto sia già stato detto e fatto, quando la storia sembra ripetersi ciclicamente senza progredire. Potrei interrogarmi sul senso della mia scrittura in un’epoca dominata dalle immagini e dai dati. Potrei cercare nelle mie esperienze personali e collettive le tracce di una memoria perduta o rimossa. Potrei esplorare le contraddizioni e le ambiguità del mondo moderno, dove la tecnologia può essere fonte di progresso o di regresso. Potrei scrivere un libro che raccontasse il mio viaggio attraverso l’Europa alla ricerca delle testimonianze dei sopravvissuti al bug. Potrei inserire nel testo delle fotografie che documentassero i luoghi visitati e le persone incontrate. [...] In ogni caso potrei cercare di dare voce a ciò che è stato dimenticato o nascosto dalla storia ufficiale. Potrei tentare di restituire senso a ciò che sembra privo di senso. Potrei provare a trasformare il bug in una sfida creativa.

 E la chiave di questa risposta sta tutta nella sua sgrammaticatura: persino Bing si ritrova spiazzato a vivere il paradosso di essere uno scrittore morto, strappato a metà tra il presente del «potrei» e il passato della sua scrittura, del suo «di cui scrissi in uno dei miei saggi». Così, soddisfatto parzialmente del suo output ricco di condizionali, BingAI ha deciso – nel dubbio – di fare meno filosofia e consigliarmi un ristorante a Porlezza (in provincia di Como) con delle buone recensioni su TripAdvisor e un club sportivo milanese chiuso fino alle otto e mezza di sera. Se, nella sua rete neurale, avesse in qualche modo a che fare con il nomadismo di Sebald, io questo non so dirlo.

BingAI o W.G. Sebald o TripAdvisor

 Parlare ai fantasmi,
 far parlare i fantasmi

 ChatGPT e BingAI, ad oggi, hanno insomma poca voglia di far parlare i fantasmi o, in altre parole, di dirci a partire dai suoi testi qualcosa di implausibile — ma potenzialmente vero — sui pensieri inespressi di W.G. Sebald, evidentemente per mancanza di interesse da parte dei loro programmatori umani, più che per incapacità. E ai noi utenti non rimane altro che l'illusione di poter parlare a un fantasma, non quello di Sebald, ma dell'IA, il fantasma nella macchina.

 Possiamo allora tornare ai racconti de "Gli Anelli di Saturno": lì Sebald parla della sua visita a Orford, nella contea di Suffolk, e di come, «per un paio di sterline», si fosse fatto traghettare da un pescatore del luogo sulle sponde di “The Island”, nome assegnato dai locali alla base militare di Orfordness (una scoria dei tempi della Guerra Fredda), e centro di ricerca in cui per anni il Ministero della Difesa inglese ha condotto esperimenti top secret (su cosa, tutt’oggi, le teorie del complotto divergono).

 Aggirandosi tra «blocchi di cemento [...] installazioni militari [...] ruderi [...] montagne di rottami metallici e di macchinari distrutti [...] bunker», scrive Sebald, «cresceva in me la sensazione di ritrovarmi fra i relitti della nostra civiltà, andata a picco nel corso di una catastrofe a venire. Come un postero forestiero».

 Come avrebbe raccolto oggi Sebald le scorie virtuali dell’Intelligenza Artificiale, i suoi futuri remoti (non perduti, ma semplicemente passati), e come avrebbe passeggiato in un tempo presente in cui ci si sente quotidianamente posteri alle macerie del futuro, questo non possiamo dirlo. Ma perché avrebbe dovuto registrare (in presa diretta) cicli di obsolescenza così accelerati? La nostra risposta è stata pensare il racconto di editorIA come un’archeologia del futuro: un racconto degli esordi letterari dell’IA, ma anche un racconto di rovine virtuali e fantasmi del futuro.

 Raccontare anche cosa l'IA sarebbe potuta essere per la letteratura e l’editoria, avrà altrettanto senso quanto raccontare cosa invece sarà, perché questi potenziali futuri (letterari ed editoriali), generati e scartati dai progressi dell’IA, continuano a ruotare in orbite circolari attorno al mercato e un giorno potrebbero tornare (giusto, quindi, chiamarli «fantasmi della ripetizione», o per dirla con Derrida: «Questione di ripetizione: uno spettro è sempre un revenant»).

 A maggior ragione se, al contrario di Sebald (di cui non sappiamo se aspettasse trepidante o meno il Millenium Bug), la nostra è un’attesa a tutti gli effetti: l’attesa di un'apparizione e di un fantasma, per dirla di nuovo con Derrida. E se ieri c’eravamo noi ghostwriter a infestare il mercato editoriale, oggi e domani l’Intelligenza Artificiale sarà lo spettro dell'editoria. O forse il suo hunter.